Racconto a più mani della giornata contro la COP21 a Parigi il 29 Novembre 2015

Arriviamo a mezzogiorno a place de la République e nulla fa presagire la svolta che prenderà questa manifestazione dopo qualche ora. Non ci sono tante persone, ognuno vaga dietro alle sue cose : alcuni ammassano le scarpe che simboleggiavano la marcia interdetta giorni prima, altri partono verso la catena umana, altri ancora bevono del thè o mangiano qualcosa. Qualche militante si raggruppa intorno ad uno striscione tenuto dagli organizzatori libertari che cominciano ad alzare la voce.

Troviamo addirittura un gruppo di giapponesi talmente determinati a lottare contro il nucleare che sono venuti fino a qui, nonostante lo stato d’urgenza.
Non troppo lontano, dei manifestanti in sostegno alla Palestina chiamano a boicottare Israele e la sua occupazione omicida (d’altronde il 29 Novembre era anche la giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese). Alcuni turisti depongono dei fiori davanti alla statua della Repubblica in omaggio alle vittime degli attentati, dei dervisci roteanti, qualche skater e degli spettatori vengono a completare questo quadro. Un vero inventario à la Prévert.

Una cosa è sicura : ci sono guardie ovunque, più di un centinaio di camionette circondano la piazza e non soltanto quelle antisommossa. Inoltre, una quantità sproporzionata di guardie in borghese é tra la folla…la pesantezza dello stato d’urgenza si fa ben sentire…
Regna un certo sentimento di incertezza, ciascuno sapendo la ragioni per le quali è venuto ma senza alcuna idea della forma che prenderà la giornata. L’installazione delle cucine che distribuiscono mega pranzi a sottoscrizione libera permettono di rilassare provvisoriamente l’atmosfera. Ci si siede per terra, si ci riposa e si recuperano le forze.

Nel frattempo, malgrado l’interdizione di manifestare e la militarizzazione imponente, la folla continua ad aggrandirsi. Numerosi partecipanti dell’effimera catena umana sono tornati, un po’ frustrati. Qualche piccolo corteo si forma, cominciando ad incoraggiare le persone a manifestare.
Un po’ più tardi, verso le 14, un numero importante di persone si dirige verso boulevard Magenta e la folla, che si sta annoiando nella piazza, si mette progressivamente in marcia, integrando il corteo in via di costruzione.
La piazza è di già bloccata da tutte le parti, incominciamo così a marciare sul suo perimetro lasciato aperto al traffico delle macchine. Uno strano corteo si mette in movimento e gira attorno alla piazza, manifestando invano senza trovare un’uscita.

Dalle 14 ci ritroviamo accerchiati dagli sbirri. È impossibile lasciare la piazza dalle strade adiacenti, anche le uscite della metro sono state chiuse sotto richiesta del prefetto. Tutti quelli e quelle che hanno osato sfidare lo stato d’urgenza sono così rinchiusi in una gabbia all’aperto.
Iniziamo a scandire slogans contro la COP21 ed il suo mondo soffocante, contro lo stato d’emergenza che si abbatte su di noi, contro la polizia che ha assassinato Rémi Fraisse, che perpetua crimini razzisti. “Polizia ovunque, giustizia da nessuna parte !”, “Lo stato d’emergenza, lo stato di polizia, non ci impediranno di manifestare !” o ancora il sobrio “Libertà, libertà !” sono stati urlati a gran voce.

Così, dopo aver affrontato lo sbarramento della polizia situata all’entrata del boulevard Saint-Martin, della via du Temple ed anche del boulevard Voltaire, ci precipitiamo verso l’unica apertura della piazza, l’avenue de la République. La linea della polizia è presente anche lì. In un primo momento i manifestanti tentano di passare pacificamente, ma dopo pochi secondi sono arrivati i gas urticanti a soffocarci.

Dopo una decina di minuti di « scontri », durante i quali alcuni hanno tentato di superare la linea delle forze dell’ordine, le guardie hanno incominciato a spingere più forte ed a spruzzare ancora gas urticante contro chi era in prima linea. Finiamo così per riempire di nuovo la piazza e girare a vuoto.

Ancora a migliaia con lo spirito ancora determinato a gioioso : si manifesta, malgrado la loro infame interdizione. Li sfidiamo proprio su questa piazza, la quale dovrebbe presumibilmente incarnare « la loro repubblica »… Convinti che le nostre idee siano importanti e che meritano ancora di essere difese, a dispetto dell’ingiunzione di raggrupparci intorno a dei valori supposti e imposti. Siamo in piazza per dire che non vogliamo la loro protezione, che non approviamo la loro intromissione securitaria, la repressione delle componenti più deboli e discriminate della popolazione.
Nessuna tregua tra noi e lo stato. Nessuna compiacenza verso questo circo della COP21, rappresentanza della distruzione concentrata e misurata del mondo.
Lo diciamo ormai da tanto : la COP sarà sociale, oppure non sarà !

Qualche attimo prima della 15, quella che era una manifestazione é diventato un accerchiamento a place de la République...
Bloccandoci e lanciandoci gas urticanti, le forze dell’ordine incominciano a ricevere qualche lancio di oggetti. Nulla di pericoloso, ed infatti nessun ferito é stato dichiarato dal loro fronte. All’entrata della rue du Temple, piovono lanci sempre più numerosi, il che ci da diritto ad un’ennesima carica ai gas lacrimogeni ed urticanti…
Gradualmente arrivano i lacrimogeni, poi della granate offensive, infine diversi accerchiamenti. Decine di proiettili in caoutchouc duro (riconducibili a tiri di « flashball ») saranno ritrovati poi sulla piazza… Gli spari si fanno sempre più pericolosi, arrivando all’altezza del viso. Alcuni manifestanti sono feriti dalle scheggie.

Chi bloccava chi ? Chi difendeva i piromani riuniti al Bourget, che dovrebbero lavorare per il bene dell’umanità ? Che si è preso il diritto di assegnare ai nostri compagni gli arresti domiciliari, di sorvegliarli addirittura in via preventiva ?

I lacrimogeni continuano a piovere, il gas invade poco a poco tutta la piazza, sparpagliando in particolare i gruppi le persone raggruppate attorno al memorial per le vittime del 13 novembre (la via du Temple, da dove partivano i colpi, è ad un centinaio di metri dal monumento).
Lo scenario ricorda quello delle manifestazioni del 2014, quando il governo di Valls si divertiva ad impedire le manifestazioni di sostegno a popolo palestinese (non aveva avuto bisogno dello stato d’emergenza all’epoca) : grosse nubi di gas, i manifestanti scappano e poi ritornano.
La tensione non cessa di aumentare ed ogni volta che i gas si dissipano, i proiettili piovono fitti sulle linee della polizia, da differenti parti della piazza. Salvo che questa volta, non ci sono zolle di terra disponibili su questa piazza asettica…
Le scarpe dell’azione simbolica di questa mattina, rimaste impotenti e sparpagliate su un angolo della piazza, arrivano finalmente a scontrarsi sulle visiere delle forze dell’ordine. Ecco ritrovata la loro vera funzione !

E ancora, qualche candela vola accompagnata dai loro boccali in vetro. Rispetto alla mancanza di rispetto verso le vittime del 13 novembre che ci é stata attribuita in seguito a questa giornata, in tanti continuiamo a trovare che la bandiera tricolore e lo stato d’emergenza insultano già abbastanza la loro memoria.

Le forze dell’ordine penetrano in massa sulla piazza, prima dal boulevard Voltaire e poi dal boulevard du Temple, stringendo bruscamente tutte le persone sul loro percorso…il solito « fronte blu », con cui lo stato continua a mostrare la sua intransigenza verso tutte le forme di contestazione. Due line di sbirri vengono seguite da una schiera di guardie in borghese, ammassate all’entrata dell’avenue de la République, racchiudendo tutti i manifestanti.
La piazza de la République, incontrollabile per qualche istante, ridiventa allora il tranello già previsto dall’urbanismo securitario parigino di altri tempi…

Rendendosi padroni dello spazio, le guardie fanno quello che vogliono...manganellano a destra e a manca, saccheggiano le candele del 13 novembre ai piedi della statua della repubblica, ingabbiano centinaia di persone… Gli accerchiamenti saranno due : una all’entrata della via Faubourg-du-Temple, un’altra sulla piazza al livello del boulevard Magenta.

Vidéo des flics piétinant le mémorial place de la République

Qualche compagn* brucia i suo travestimento in un’immondizia e ai piedi di un albero prima di disperdersi e di lasciare la piazza. I due fuochi vengono subito spenti dalle guardie.
Restano così i clown, i pacifisti, gli acrobati e tanti altri che, ben accerchiati, constatano che l’ambiente si è calmato. I due gruppi accerchiati vengono separati, i canti rimbombano da un lato all’altro della piazza, come un gioco tra ragazzini. Poco a poco le guardie ristringono la zona, manganellano alla testa, le persone vengono trascinate per terra, i lacrimogeni lanciati direttamente sugli occhi ricordano ai pacifisti seduti sul pavimento che un poliziotto è sempre pronto a menare.

Da questo momento in poi, sarà l’arbitrarietà più totale a regnare a piazza della République. Alcun* vengono inviat* in diversi commissariati, altr* restano rinchius* nell’accerchiamento di sbirri.
L’atmosfera è surrealista : siamo circa 150 circondati da un dispositivo massivo ed accantonati in un angolo della piazza. L’accampamento si organizza sotto lo sguardo vitreo dei soldati. Ci si ritrova a fare pipì contro il muro, senza renderci conto che è il muro della caserma della Repubblica. Due compagni si arrampicano su un albero per piantare una bandiera della pace. Una cassa è tra noi, così prende il via una sottospecie di rave in cui la drum&bass si mescola magnificamente ai cori anti-guardie. Si scandisce ironicamente « Chiamate la polizia, siamo stati sequestrati ! ».
Dai cellulari apprendiamo che Le Figaro ci descrive come « i manifestanti più duri » e che Hollande trova la nostra mobilitazione « scandalosa »… Le guardie reagiscono regolarmente acchiappando qualcuno a caso tra noi, portandolo su un camion.
Poco prima delle 20, le guardie tentano di comunicarci qualcosa al megafono, mentre un secondo autobus arriva per caricarci ed altri vengno violentemente acchiappati tra la folla. Ci rifiutiamo di credere alle loro menzogne e di essere liberati senza i nostri compagni…
Due corridoi di uscita sono finalmente concessi e veniamo liberati dopo una perquisizione abbastanza leggera. Un poliziotto ci lascia dicendoci “a domani, per oggi ci siamo stufati”.

Durante tutto questo tempo, sino alla fine, tutt* quell* che erano riusciti a scappare al grande rastrellamento tornano in sostegno ai compagni fermati. I profili sono abbastanza eterogenei e, contrariamente a quello che cercano di raccontare sia prefetto che i media, tra noi non c’erano solamente gli « incappucciati ». In tante e tanti sono restat*, si sono mess* in pericolo, per sostenere gli altri manifestanti e sfidare lo stato d’urgenza.
Un piccolo corteo di 150/200 persone si è formato dietro lo sbarramento delle guardie ed ha gioiosamente sfilato fino a quando non è stato di nuovo fermato e si è così disperso verso Stalingrad.
Malgrado la repressione cieca della prefettura della polizia, che avrebbe voluto ancora colpire i manifestanti, una certa energia fremeva ancora sulla piazza, dove la separazione classica tra il manifestante « buono » e quello « cattivo ed incappucciato » non ha funzionato.
Ci piace scommettere che tale energia restera viva nelle settimane a venire contro la cop21 e contro lo stato d’urgenza.

Non ci illudiamo : non siamo riusciti a manifestare, ma non abbiamo certamente annullato il nostro programma di elaborazione critica durante la conferenza climatica della cop21, il cui attuale obiettivo di riduzione del riscaldamento climatico di 2° C non saranno mai rispettati.
Il loro programma delirante, comprendente la promozione di soluzioni energetiche di rimpiazzamento inaccettabili come quella del nucleare e misure da apprendista stregone provenienti dalla geo-ingegneria, presentano (evidentemente) una totale assenza di critica alla principale causa del cambiamento climatico : la credenza industriale infinita, pretesa dal capitalismo per la sua sopravvivenza.
Le critiche sulla supposta irresponsabilità dei manifestanti radicali di certo non mancheranno, ma non basteranno a mascherare quanto la nostra radicalità sia al di sotto della situazione, che richiederebbe ben altre reazioni da parte nostra…
Da questa giornata del 29 novembre bisogna anzitutto imparare che siamo determinati a lottare, quale che siano gli ostacoli che incontreremo. Resta solo da rispondere ad una domanda, che resta ancora in sospeso : come lottare ancora nel clima dello stato d’urgenza ?

Note

Scritto da qualche partecipante al collettivo « automedia » della mobilitazione anticop21

Mots-clefs : COP21
Localisation : région parisienne

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